La Locandiera
REGIA: Giovanni Nardoni
CON: Valeria Pistillo, Tiziano di Sora, Giovanni Nardoni, Pierre Bresolin, Daniela Ferri, Beniamino Furcolo, Paola Alviano Glaviano, Giorgio Torroni, Elia Rinaldi
SCENE E COSTUMI: Giovanni Nardoni, Paola Alviano Glaviano
COREOGRAFIE: Valerio Villa
UFFICIO STAMPA: Mara Fux
GRAFICA: Giampiero Bartoli
PREZZO: 18 euro intero – 15 euro ridotto (per gruppi di almeno 10 persone) 5 euro cortesia
PRENOTAZIONI: 339 895 8123 – 329 587 9819
Rappresentare oggi La Locandiera di Carlo Goldoni significa riscoprirne il suo potenziale rivoluzionario, soprattutto in questo nuovo millennio che si è aperto nell’illusione che la interconnessione del genere umano avrebbe reso tutti, donne e uomini, più eguali e più liberi. Nel testo goldoniano la protagonista di questa rivoluzione è la Donna, la sua condizione e, purtroppo, i compromessi ai quali è costretta. Mirandolina è una donna sola ed emancipata, ha ereditato dal padre la sua locanda che gestisce con capacità e arguzia, sfruttando la stupidità maschile a suo vantaggio. La ricerca intellettuale è scaturita da un evento, accaduto lo scorso 28 giugno, distruttivo verso il nostro passato: lo scempio perpetrato ai danni della versione de “La Venere degli stracci” di Michelangelo Pistoletto (1967) installata a Napoli, opera di confronto fra le nostre radici classiche e il disordine della vita moderna. E come la Venere degli stracci, Mirandolina rappresenta la sintesi tra il passato e il futuro della condizione femminile, ponendo in evidenza un umorismo amaro nel finale, che sfocia nel pessimismo del compromesso: il matrimonio. Questo finale non è così lontano dalle molte realtà che la donna è costretta, ancora oggi, a sopportare e, in ragione dell’esigenza di un nuovo desiderio rivoluzionario, si è voluto ambientare il testo nel momento maggiormente significativo per le questioni riguardanti la condizione femminile in Italia, ovvero il periodo a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta. Non un richiamo esplicito alle lotte del movimento femminista, ma piuttosto un’ispirazione, vestita di speranza, che procede dall’esplosione di ottimismo che in quegli anni generò un arcobaleno di rivendicazioni sociali, espressi attraverso un’arte libera, solidale e fuori dagli schemi: la Pop Art. Un’arte che si
dimostra critica verso il presente, senza rifiutarlo. Un’arte che invita al confronto tra passato, presente e prospettive di futuro. Un’arte che mitizza i prodotti dell’industria, anche cinematografica, i quali, ammantati di colori sgargianti, sembrano darci l’illusione di un mondo carico di promesse, mentre profetizzano una realtà sempre più massificata e superficiale. “Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti”, Andy Warhol.
dimostra critica verso il presente, senza rifiutarlo. Un’arte che invita al confronto tra passato, presente e prospettive di futuro. Un’arte che mitizza i prodotti dell’industria, anche cinematografica, i quali, ammantati di colori sgargianti, sembrano darci l’illusione di un mondo carico di promesse, mentre profetizzano una realtà sempre più massificata e superficiale. “Nel futuro ognuno sarà famoso al mondo per 15 minuti”, Andy Warhol.